giovedì 19 novembre 2009

Mannaggia non parlo vietnamita! Incontri…

E’ una bellissima giornata, con la bici mi avvio verso il mare, ad una quindicina di chilometri da Hué.

Dopo quattro chilometri la prima sosta, al villaggio di Duong No, dove si può visitare la casa che Ho Chi Minh abitò dal 1898 al 1900. Dei bambini in bicicletta mi ci accompagnano, è una casa molto semplice, una capanna fatta di bambù e con il tetto di paglia… che contrasto con il mausoleo ad Hanoi!

Il posto è tranquillo, i due ragazzi che se ne prendono cura gentili, mi accompagnano anche al piccolo museo di fianco, dove accendono incensi davanti alla statua di Bac Ho, zio Ho, come sento che lo chiamano.
A soli quattro chilometri dalla città turistica tutto è cambiato e, come avrò modo di sperimentare in tutto questo viaggio, scopro l’estrema gentilezza ed accoglienza dei vietnamiti…qui non sono più l’ennesimo turista, gallina di passaggio da spennare. Pedalando per le vie del villaggio ricevo “Hello!” sorridenti, una coppia di anziani mi invita a visitare la loro bella casa tradizionale che stavo fotografando dall’esterno, una ragazza al mercato che non vende che poche canne da zucchero insiste perché ne prenda un pezzo in regalo.

Mentre pedalo sotto il sole masticando il pezzo di canna per estrarne il succo dolce e dissetante, sento delle grida di richiamo. Sono dei bambini che si sporgono dalla finestra di una piccola casetta gialla, una sola stanza. Fuori delle caprette, sullo sfondo il riverbero della laguna in questa terra che sta per diventare mare. E’ una scuola e i bambini si scatenano eccitati quando chiedo alla maestra il permesso di fare loro una foto. Quante domande vorrei fare… mannaggia a non parlare vietnamita!




Chiedo informazioni circa la strada a delle persone sotto una tettoia. Con una punta di trapano ed un mazzuolo ritagliano la carta per farne lampade colorate. Per prima cosa mi danno una piccola sedia di plastica rossa, implicitamente mi dicono siediti, riposa, prenditi il tempo di dirci da dove vieni, dove vuoi andare, cosa ci fai qui!
E poi ecco il mare, punteggiato di pescatori, e una distesa accecante di sabbia bianca. Una signora anziana la sta percorrendo lentamente, con il cappello a cono come riparo. Come un’oasi d’ombra una tettoia ristorantino, se ne vedono altre, ma distrutte dal recente tifone.


Oltre me solo una famiglia vietnamita che sta mangiando granchi… chiedo se sono buoni, ne ordino uno anch’io.


Non passa molto tempo che sono di nuovo da loro con … il granchio in mano! Non so come aprirne il corpo… in un battibaleno se ne occupa la nonna, vengo invitata a sedermi con loro e il piatto mi viene subito riempito, e, appena vuoto, di nuovo riempito di altro cibo. Il figlio, la nuora e il loro bambino abitano a Saigon (Ho Chi Minh City ora), stanno festeggiando il primo giorno delle loro vacanze che passeranno nella casa di famiglia a Hué… hanno diritto a 12 giorni l’anno, e sono fra i fortunati! Mi propongono in modo veramente cortese, quasi fossi io a fargli un favore, di passare il resto della giornata con loro, a fare il bagno al fiume… la bici non è un problema… viene caricata sul tetto della macchina e si parte. Passiamo da casa loro a prendere un altro fratello e la moglie, genitori della bimba che già si trova con noi, e viveri che la nonna aveva già preparato per la scampagnata… in Vietnam non si fa che mangiare… e, almeno per me, benissimo! Il nonno purtroppo non può venire, è al lavoro. Lo conoscerò la sera, al rientro. E’ veramente una bella famiglia.
Ad una trentina di chilometri dalla città, sotto le colline verdi che in questi giorni vedevo in lontananza dalla città, scopro che il fiume in realtà è un’insieme di piscine di acqua termale calda e fredda con giochi d’acqua niente male… non c’è verso di pagare l’ingresso e di ringraziarli in qualche modo. Vedo che tutte le donne e le ragazze fanno il bagno in pantaloncini e maglietta… chiedo ai miei nuovi amici se è possibile indossare il costume. Mi dicono di sì.
Al rientro ammiro il paesaggio di risaie… intorno ai bufali neri ci sono sempre delle egrette bianche… mi chiedo se i bufali, smuovendo l’acqua e il fango, le facilitino nella ricerca del cibo.
I miei ospiti mi indicano felici due nuvole cumuliformi ai lati del sole al tramonto… assomigliano a due dragoni dicono, è segno di buona fortuna. In cuor mio gliene auguro veramente tanta!

La lingua vietnamita (Kinh) è una fusione di elementi Mon-Khmer, Tai e Cinesi. Infatti una rilevante percentuale di parole base deriva dalla lingua non tonale Mon-Khmer, dal Tai alcuni elementi grammaticali e l’uso delle tonalità, dal Cinese il vocabolario letterario, tecnico e governativo oltre che il tradizionale sistema di scrittura. Si dice che la parte più difficile nell’apprendimento di questa lingua per gli occidentali siano i sei toni con cui può essere pronunciata la stessa sillaba. Per esempio la parola “ma”, a seconda del tono con cui è pronunciata, ha il significato di “fantasma”, “ma”, “madre”, “pianticella di riso”, “tomba”, “cavallo”.
La parola più facile da imparare per noi italiani? “Sin ciao”... che significa… ciao! :)

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